Ok, ho iniziato con il piede sbagliato, con paroloni grossi che fai fatica a capire. Forse stai pensando di lasciare il blog ancora prima di leggere l’articolo. Probabilmente stai pensando che sia diventata pazza e che stia parlando di idraulica o qualcosa di simile.

E qui ti sbagli, perché, nonostante il nome, gli inibitori di pompa (PPI) sono una classe di farmaci tra le più utilizzate nel nostro secolo e di cui si sta facendo un abuso, a mio parere, a dir poco inquietante.

Infatti, basta stare dietro il banco di una farmacia per mezza giornata per vedere quanti “prazoli” (così li chiamiamo in gergo) escono ogni giorno: possibile che una persona su due sia affetta da gastrite cronica, ulcera duodenale, helicobacter pylori o prenda cronicamente anti infiammatori che lesionano lo stomaco?

Può anche darsi, ma a me la cosa non piace molto. E non mi piace soprattutto perché questi “prazoli” vengono spesso etichettati come farmaci sicuri, del tutto innocui e privi di effetti collaterali.

In realtà quello che si cela dietro  e’ tutt’altro che un “lo prendo, tanto al massimo non mi fa nulla”.

Scopriamolo insieme.

Cosa sono gli inibitori di pompa?

Con questo nome s’intende una categoria di farmaci (lansoprazolo, omeprazolo, rabeprazolo, pantoprazolo, esomeprazolo ecc) che condividono come meccanismo d’azione il blocco della pompa acida dello stomaco, pertanto essi sono utilizzati per trattare patologie in cui si ritiene che il danno indotto dall’acido cloridrico abbia un ruolo determinante nell’insorgenza della malattia stessa.

Sto parlando di ulcere peptiche e duodenali, di reflusso gastro-esofageo, della cura dell’infezione da Helicobacter pylori, un batterio ormai sempre più presente nell’uomo o dell’utilizzo di questi farmaci come adiuvanti a terapie croniche con anti infiammatori, il cui effetto collaterale tipico è quello di dare problemi allo stomaco.

Fin qui, nulla di strano. Il problema è che, essendo la maggior parte di questi farmaci diventati di libera vendita (ovvero privi di prescrizione medica), l’abuso che se ne sta facendo è davvero preoccupante.

Non se ne parla a sufficienza: ma se usati senza controllo, i “prazoli” possono diventare una vera bomba ad orologeria.

Mi dirai: e perché mai ne parli in un sito che tratta di nutrizione? Aspetta e vedrai..

Quali effetti indesiderati hanno?

Tra gli effetti collaterali più comuni vi sono quelli gastrici: nausea, vomito, cefalea, dolori addominali. Tuttavia ve ne sono altri, molto più pericolosi che subentrano successivamente, a seguito di una terapia cronica.

Sono stati segnalati, infatti, casi di fratture ossee, dolori articolari, artriti, aumento del rischio di infarto, demenza, alterazioni della flora batterica intestinale con proliferazione di batteri molto pericolosi, come il Clostridium difficile.

Fondamentale inoltre è il loro effetto sul metabolismo. Eh si, perché i prazoli modificano il pH dello stomaco rendendolo più basico. E se la natura ci ha fatto con un pH acido in quel compartimento, un motivo ci sarà. La natura non lascia mai nulla al caso.

Bene: pensiamo alla signora Maria di 70 anni che è costretta ad assumere per un periodo questi benedetti farmaci, diciamo un paio d’anni. In questo arco di tempo si sarà creato a livello dello stomaco un ambiente diverso, più alcalino, che rende difficile in particolare la digestione delle proteine. 

L’acidità, infatti, è richiesta per attivare gli enzimi che scindono queste grosse molecole in parti più piccole, in modo tale da favorirne i successivi step di assimilazione.

Perfetto: la signora Maria ha iniziato ad utilizzare questi farmaci per problemi digestivi (bruciore di stomaco, reflusso, acidità) e si ritrova ad averne altri, magari più subdoli, ma altrettanto gravi.

Eh si, perché il permanere nell’intestino di molecole solo parzialmente digerite, comporta l’attivazione del sistema immunitario con la conseguente comparsa di allergie, intolleranze o addirittura patologie autoimmuni, come l’artrite.

Andiamo avanti: l’ambiente acido è fondamentale anche per l’assorbimento del calcio, del ferro, del magnesio e della vitamina B12.

E’stato ampiamente dimostrato che l’uso cronico di PPI provoca ipomagnesemia, perché i sistemi di assorbimento del magnesio sono dipendenti dall’acidità gastrica e delle piccole modifiche di pH sono responsabili di una sua riduzione. Da qui possono derivare i problemi muscolari ed i dolori articolari.

Non solo: il pH acido favorisce l’assimilazione del calcio, per cui l’uso di questi farmaci si associa ad una possibile carenza di questo minerale. Se consideriamo che la maggior parte delle persone che ne fa uso è anziana, ecco spiegato il motivo degli incrementi delle fratture ossee.

Anche l’assimilazione del ferro e della vitamina B12 sono strettamente dipendenti dall’acidità gastrica. Ecco perché sono così frequenti i casi di anemia in chi assume i PPI, soprattutto nelle persone di una certa età.

Mantenere una dieta corretta, ricca di questi micronutrienti diventa, quindi, in corso di terapia ancora più importante.

Infine il blocco così prolungato dell’acidità gastrica è responsabile di un aumento dei livelli di un ormone, la gastrina, che ha la funzione di stimolare la secrezione di acido cloridrico nello stomaco. I studi sperimentali affermano che questo fenomeno possa aumentare le probabilità di carcinomi gastrici. Tuttavia sull’uomo i dati non sono ancora certi.

Ma torniamo alla signora Maria: leggendo quest’articolo si impressiona molto e decide di sua spontanea volontà di togliere l’omeprazolo che ricordiamo assumeva da anni.

Immediatamente ricomincia a soffrire di reflusso, pesantezza e bruciori di stomaco, forse ancora peggiori di quando ha iniziato a prendere il “prazolo”

Ovvio: era da troppo tempo che il sistema era bloccato dal farmaco e non appena rimosso, la secrezione acida è ripresa ai massimi livelli.

Quindi cosa fa? Per evitare di incorrere in insopportabili dolori, ricomincia a prendere l’omeprazolo ed il ciclo ricomincia, divenendone a poco a poco dipendente.

Conclusioni

Non abusate mai di questi farmaci. E se siete costretti ad utilizzarli, non toglieteli mai di botto, ma scalando le dosi piano piano. In farmacia esistono numerosissimi prodotti a base di enzimi digestivi che possono aiutarvi per evitare di incorrere nell’insorgenza dei sintomi da eccesso di acidità.

Magari aiutatevi anche con dei rimedi più semplici. La natura ci ha donato delle piante straordinarie con cui possiamo risolvere piccoli problemi intestinali: pensiamo alla camomilla. Tutti la conoscono come sedativo, ma in realtà è un potente anti infiammatorio ed antispastico. 

Attenzione però alla componente del fiore che si utilizza per la tisana: per avere un’azione sull’infiammazione è necessario, infatti, usare il capolino intero (cioè il fiore intero), altrimenti si rischia di non avere tale effetto.

Un’altra pianta, anzi radice, di cui vale la pena parlare è lo zenzero, che ha ottime proprietà anti infiammatorie, anti nausea e vomito ed è un coadiuvante della digestione, ottimo anche in gravidanza e come post-sbornia.

Provate ad inserire questi due rimedi nella vostra dieta quotidiana.

Vi lascio con una tisana che mi preparo quotidianamente: acqua, limone e zenzero.

Davvero un’ottimo drenante, disintossicante ed anti infiammatorio. Provare per credere.

disintossicante drenante anti acido
Acqua, limone e zenzero

Fonti

Colmenares E.W., Pappas A.L. Proton Pump Inhibitors: Risk for Myopathy? (2016) Ann Pharmacother.

Cundy T., Mackay J. Proton pump inhibitors and severe hypomagnesaemia (2011). Curr Opin Gastroenterol, 27(2), 180-5.

Eusebi L.H., Rabitti S., Artesiani M.L., Gelli D., Montagnani M., Zagari R.M., Bazzoli F. Proton Pump Inhibitors: risks of long-term use (2017). J Gastroenterol Hepatol. 10.1111.

Fass R. Alternative therapeutic approaches to chronic proton pump inhibitor treatment (2012).Clin Gastroenterol Hepatol, 10(4), 338-45.

Ito T., Jensen R.T.  Association of long-term proton pump inhibitor therapy with bone fractures and effects on absorption of calcium, vitamin B12, iron, and magnesium (2010). Curr Gastroenterol Rep, 12(6), 448-57.