Fino a circa 5-6 anni fa, trovare un prodotto “gluten-free” al supermercato era un’impresa titanica e questo creava non pochi problemi di approvvigionamento a chi, purtroppo, era costretto ad alimentarsi diversamente per problemi di celiachia.

Oggi la situazione si è completamente ribaltata: diciamo che le corsie del gluten-free hanno soppiantato quelle dei prodotti tradizionali, in quanto la clientela è diventata molto esigente e sono sempre di più le persone che accusano problemi di varia natura dopo l’assunzione del glutine.

Ma è solo una moda oppure c’è dell’altro dietro?

Partiamo con ordine.

Cos’è il glutine e da dove deriva

Il glutine è un ammasso viscoso e colloidale che si forma quando due proteine, le gliadine e glutenine contenute in alcuni cereali (frumento, orzo, segale,farro) reagiscono con l’acqua in presenza di una forza meccanica.

Questo ammasso nell’impasto crea l’ambiente ideale per favorire la panificazione, in quanto facilita l’incamerazione dell’anidride carbonica che si forma durante i processi di fermentazione. Non a caso le farine naturalmente prive di glutine fanno enorme fatica a lievitare in maniera corretta, tanto che l’industria ha dovuto inventarsi degli stratagemmi per renderle più malleabili (es. uso di xantani o di fibra di psillio).

Come sono cambiati i cereali negli anni

I vari tipi di frumento sono specie evolute da ancestrali comuni del genere “Triticum”, che si sono formate nel corso di migliaia di anni a seguito di mutazioni ed incroci.

Si è partiti dapprima da progenitori contenenti un doppio corredo cromosomico (diploidi) come ad esempio il Tritticum monococcum o farro piccolo, per passare attraverso le specie tetraploidi (corredo cromosomico quadruplo), come il Tritticum dicoccum o farro vestito ed il Tritticum durum, il grano duro, fino ad arrivare alle specie esaploidi (sei copie di ciascun cromosoma), come ad esempio il Tritticum aestivum, il grano tenero.

La selezione operata dall’uomo ha fatto si che venissero privilegiate le coltivazioni di Tritticum aestivum e durum a discapito delle altre, dato che la produttività é maggiore, come pure la resistenza a condizioni ambientali estreme.

Prova per un secondo ad immaginare a cosa succederebbe a noi uomini se, invece di avere 46 cromosomi ce ne ritrovassimo 184 oppure ancora peggio 276. Ci sono persone che soffrono di malattie gravvissime, pur avendo solo un cromosoma in più (sindrome di Down), figuriamoci se ci vedessimo moltiplicato per 4 o per 6 l’intero patrimonio cromosomico.

E’ evidente, quindi, che le procedure di selezione hanno comportato delle modifiche importanti nel grano, che si ripercuotono anche in ambito salutistico.

Se da una parte, infatti, il processo di miglioramento genetico ha permesso di aumentare la produttività, dall’altro ha condotto allo sviluppo di varietà di frumento sempre più resistenti ai concimi chimici, di ridotte dimensioni ed a più alto contenuto proteico, comportando un maggior impatto ambientale e originando un significativo aumento di problemi di allergie ed intolleranze.

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Esempi di grani moderni

I grani antichi: una soluzione all’intolleranza al glutine?

I grani antichi sono varietà di grano utilizzate in tempi passati e pertanto non sono state sottoposte alle moderne tecniche di miglioramento genetico.

Si parla ad esempio di Timilia, Russello, Solina, Saragolla, Senatore Cappelli, farro monococco, anche se quest’ultimo è l’unico che può essere tecnicamente definito veramente antico, perché non è mai stato oggetto di incrocio né spontaneamente, né tantomeno artificialmente.

Queste specie hanno delle caratteristiche in comune:

  1. NON SONO STATE SOTTOPOSTE A MIGLIORAMENTO GENETICO: per questo motivo hanno una resa molto inferiore e spesso hanno un prezzo più elevato;
  2. LE FARINE DERIVATE DA QUESTI PRODOTTI SONO MENO RAFFINATE DI QUELLE DA GRANI MODERNI: questo perché i grani antichi tendono ad essere lavorati attraverso la macinazione a pietra che garantisce un prodotto avente qualità nutrizionale nettamente migliore;
  3. QUALITA’ del GLUTINE: alcuni studi evidenziano come i grani moderni contengano una maggior quantità di glutine rispetto a quelli antichi, mentre altri affermano l’esatto opposto. Tuttavia, è la qualità del glutine ad essere estremamente differente.

Il farro monococco, in particolare, è il frumento con il genoma più semplice .

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Farro monococco

Diversi studi hanno evidenziato come il glutine in esso contenuto sia più facilmente attaccabile da parte degli enzimi digestivi e dunque meno tossico rispetto al grano duro o tenero.

Chiaro, non sto assolutamente parlando di dare il farro monococco ad una persona celiaca, in quanto anche se più digeribile, si tratta pur sempre di glutine.

Soggetti che potrebbero trarre enorme vantaggio dall’uso di questo prodotto o di altri grani antichi sono tutte le persone che soffrono di gluten-sensitivity, ovvero di intolleranza al glutine, dove la sintomatologia nasce dall’introdurre quantità sempre più crescenti di questa proteina, tali da superare le capacità digestive dell’organismo stesso.

Va da sé, quindi, che se questo glutine è più facilmente aggredibile da parte degli enzimi digestivi, sarà più semplice anche smaltirlo ed evitare fenomeni di accumulo.

Altre persone che ne potrebbero trarre vantaggio sono tutti i soggetti affetti da patologie autoimmuni, ovvero in cui c’è un interessamento del sistema immunitario.

Le diete per questo tipo di problematiche sono particolarmente restrittive e prevedono l’esclusione pressoché totale di latticini e glutine.

Prevedere dei piccoli momenti in cui a questi soggetti è concesso assumere dei prodotti a base di frumento, può essere per loro una gratificazione alla dieta già difficile che si trovano a dover affrontare tutti i giorni.

Dove trovare i grani antichi

Trovare i grani antichi, nonostante la grande varietà di prodotti del supermercato, può ancora essere un problema. Di solito si trovano nei negozi bio, nei mercati che offrono prodotti biologici, oppure su internet.

Provali, sono sicura che non te ne pentirai.

Fonti

Brandolini A., Hidalgo A., Plizzari L., Erba D. Impact of genetic and environmental factors on einkorn wheat (Tritticum monococcum L., subsp. monococcum) polysaccharides (2011). J. Cereal. Sci, 53, 65-72.

Donald D. Kasarda. Can an Increase in Celiac Disease Be Attributed to an Increase in the Gluten Content of Wheat as a Consequence of Wheat Breeding? (2013), J Agric Food Chem, 61(6), 1155–1159.

Javier G.H., Fernando P. Rossana A. F. Ana R. Isabel C. Carolina S. Rosell C, Barro F. Reduced-Gliadin Wheat Bread: An Alternative to the Gluten-Free Diet for Consumers Suffering Gluten-Related Pathologies (2014). PLoS One, 9(3): e90898.

Shanti E., Akash G. William D. C. What Role Does Wheat Play in the Symptoms of Irritable Bowel Syndrome? (2013). Gastroenterol Hepatol, 9(2): 85–91.