Qualsiasi forma di vita sulla terra, dalla più semplice alla più complessa, si fonda su un principio fondamentale: il mantenimento di un equilibrio interno o omeostasi, nonostante le variazioni dell’ambiente esterno.
Pensiamo ad esempio a cosa succede quando mettiamo in bocca un pezzo di dolce: immediatamente la glicemia schizza molto in alto e l’organismo, per poter ricreare l’omeostasi, produce un ormone, l’insulina, che in pochissimo tempo ripristina la normalità.
Ancora, pensiamo di iniziare a correre in questo preciso istante: poco dopo inizieremo sicuramente a sudare, perché la nostra temperatura interna è aumentata ed i nostri sistemi regolatori si attivano per riportarla alla condizione iniziale.
Uno dei principali sistemi regolatori è l’equilibrio acido-base, ovvero un insieme di processi fisiologici che l’organismo mette in atto per poter mantenere al suo interno un livello di acidità compatibile con lo svolgimento delle regolari funzionalità metaboliche.
Il grado di acidità o basicità di una soluzione viene valutato in termini di pH, che può essere quindi classificato come acido (se pH<7), neutro (se pH=7) o basico (se pH>7).
Ogni distretto corporeo, proprio a seguito della funzione che riveste, ha un suo optimum di pH, che può variare significativamente da regione a regione: ad esempio è molto acido nello stomaco (1,35<pH<3,5), lievemente acido sulla pelle (4<pH<6,5), quasi neutro a livello salivare (6,5<pH<7,4).
Nonostante ciò, il pH sanguigno, proprio grazie ad una serie molto efficiente di sistemi tampone, viene rigorosamente mantenuto all’interno di un valore compreso tra 7,35-7,45. Uscire da questo range, anche di pochissimo, crea delle situazioni estremamente pericolose, potenzialmente letali, note con il nome di acidosi metabolica (se pH<7,35) o alcalosi metabolica (se pH>7,45).
Appare, quindi, chiaro domandarsi: che senso ha parlare di diete alcaline, ovvero di diete che possano apparentemente spostare l’ago della bilancia verso un pH basico?
La dieta alcalina: cos’è e come nasce
Basta fare una rapida ricerca su Google per rendersi conto di quanto questo regime alimentare sia diventato popolare negli ultimi anni e quanti seguaci abbia. Ma siamo sicuri di aver veramente capito come funziona?
Partiamo dall’inizio. La dieta alcalina, inventata dal signor Robert O. Young, parte dal presupposto errato che la maggior parte delle malattie del ventesimo secolo (tumori, diabete, infarto, ipertensione, artrite, patologie autoimmuni) sia causata da un’alterazione del pH sanguigno, indotta, tra le altre cose dall’introduzione di cibo particolarmente acidificante. Di conseguenza, la somministrazione di alimenti alcalini riporterebbe il sistema verso l’equilibrio e preverrebbe anche l’insorgenza di molte patologie.
PRAL (Potential Renal Acid Load)
La classificazione di un cibo come “acido” o “alcalino” viene fatta sulla base del PRAL (Potential Renal Acid Load), un metodo di misurazione adottato per stabilire il potenziale acido presente nell’alimento, che viene calcolato in base al suo contenuto in proteine, fosforo, potassio, magnesio e calcio, tenendo conto delle capacità di assorbimento intestinale dei singoli elementi.
Un PRAL con segno negativo indica potere alcalinizzante, uno con segno positivo, viceversa acidificante.
L’acidità non si misura allo stato fresco, ma sulle ceneri (minerali) che rimangono dopo la combustione dell’alimento.
Ecco perché ad esempio il limone, cibo notoriamente acido per la presenza di citrato, in realtà viene classificato come basificante, in quanto la componente acida viene facilmente metabolizzata dall’organismo ed eliminata con la respirazione, mentre quella basica permane molto più a lungo.
I cibi che vengono classificati come acidi sono i formaggi, la carne, certi tipi di pesce, lo yogurt ed il latte, le uova, il burro, le noci, tutti i cereali raffinati.
I cibi che, viceversa, vengono classificati come alcalini e quindi, si esorta il loro utilizzo sono i cereali integrali, i legumi, la frutta e la verdura.
Per capire se una persona sta andando verso la direzione giusta, la dieta alcalina prevede la misurazione costante (tramite apposite cartine al tornasole) del pH urinario, in quanto si ritiene che una sua modifica sia spia di una tendenza verso l’acidificazione o la basificazione del sangue.
Qualcosa non torna…
Per il nostro organismo 2+2 non fa sempre 4, ma esistono milioni di sfumature in mezzo.
Mi spiego meglio: soffro di ritenzione idrica e leggo su internet che devo eliminare il sale. Con estrema fatica lo riduco fino a quasi toglierlo del tutto e mi ritrovo con più ritenzione di prima.
Decido di mettermi a dieta, faccio un rapido conto del mio dispendio energetico giornaliero (es.2000 kcal), riduco le kcal del 20% (400 kcal) ed il gioco è fatto. Dopo qualche mese non ho perso neanche un grammo.
La stessa cosa vale per il pH plasmatico: se fosse così semplice modificarlo, probabilmente a quest’ora saremmo tutti morti. Evidentemente i meccanismi che si mettono in atto, sono ben più complessi della semplice somma matematica o, nel caso del pH, della mera reazione acido-base.
Diversamente dal pH plasmatico, che abbiamo visto deve rimanere costante, quello urinario oscilla molto in base alle condizioni di salute del soggetto ed a ciò che viene ingerito, con un range fisiologico molto ampio compreso tra 4,6 e 8, anche se normalmente è prossimo a 6.
Tentare di modificare il pH urinario può non essere una buona idea. La natura, infatti, ci ha concepito in modo tale da proteggerci nei confronti delle infezioni batteriche e questo lo ha fatto semplicemente mettendoci a disposizione un’arma semplice, ma anche molto efficace, il pH lievemente acido dell’urina.
Alcalinizzarla, significa, quindi, creare potenzialmente le condizioni per un possibile attacco da parte di agenti patogeni oppure può predisporre alla formazione di calcoli renali.
Se ciò non dovesse convincerti a sufficienza, ti dico anche che una qualsiasi variazione del pH urinario non determina alcun tipo di modifica del pH plasmatico, che è e sarà per tutta la vita del soggetto compreso tra 7,35 e 7,45, indipendentemente da quanta frutta, verdura o carne abbiamo mangiato.
Quindi, l’uso di agenti basificanti che spesso vengono proposti come capaci di alterare il pH sanguigno NON HA SENSO, è solo una trovata pubblicitaria.
Diamo merito al merito
Nonostante abbiamo chiarito che la dieta alcalina non abbia alcun presupposto scientifico, c’è da dire che ha un unico grande merito: quello di favorire il consumo di frutta, legumi e cereali integrali, riducendo al contempo l’uso di proteine animali.
Io parlerei in maniera più corretta di dieta anti-infiammatoria, ed in questo senso sì che può diventare un grande alleato nei confronti delle malattie del ventesimo secolo.
Fonti
Fenton T.R., Huang T. Systematic review of the association between dietary acid load, alkaline water and cancer (2016). BMJ Open, 6.
Passey C. Reducing the Dietary Acid Load: How a More Alkaline Diet Benefits Patients With Chronic Kidney Disease (2017). J Ren Nutr, 16, 30188.
Schwalfenberg G.K. The Alkaline Diet: Is There Evidence That an Alkaline pH Diet Benefits Health? (2012). J Environ Public Health, 10, 1155.
E dell’acqua alcalina ionizzata? Che ne pensi?
Ha senso bere acqua ionizzata ph 9 con orp negativo intorno al -400 ?
Ciao!
Caro Marco, grazie per aver commentato il mio articolo.
Allora come al solito è necessario CONTESTUALIZZARE. Se vuoi usare questo tipo di acqua con l’intento di “basificare”il sangue, ti rimando all’articolo appena scritto, dove riporto chiaramente che è impossibile rendere più alcalino il pH sanguigno e, perciò, in tal senso si tratta di una bufala. Se, invece, l’intento è quello di usare ad esempio queste acque per combattere problematiche legate alla digestione, come il reflusso gastro-esofageo, allora potrebbe avere un senso visto che queste acque sono ricche di bicarbonato. Acque simili, comunque, sono presenti in commercio senza dover per forza ricorrere all’acqua ionizzata.
Per quanto riguarda l’ORP, questo parametro misura la capacità potenziale di acquistare o ricevere elettroni e, quindi, di agire da ossidante o da riducente. Un ORP positivo (come quello della maggior parte delle acque del rubinetto) potenzialmente è in grado di ossidare, un ORP negativo (come quello dell’acqua ionizzata alcalina), invece, è potenzialmente in grado di ridurre.
Dico potenzialmente perché per agire davvero come antiossidante bisogna considerare la specie chimica responsabile dell’ORP negativo.
Ti faccio un esempio: un ORP negativo può essere ottenuto tramite l’aggiunta di vitamina C o di alluminio, anzi con quest’ultimo si possono ottenere ORP ancora più bassi di quello che mi hai citato tu, ma chi si sognerebbe di bere dell’acqua con dell’alluminio???
Questo per dirti che bisogna sempre leggere molto bene le etichette di quello che ci vogliono vendere le ditte!!!
Sono stata abbastanza chiara?